
Naomi Novik
Una nave francese sconfitta e catturata al largo delle coste brasiliane, e un carico imprevisto e prezioso che arriva dritto nelle mani del capitano Will Laurence, della Marina Britannica: un uovo di drago, di razza sconosciuta, e sul punto di schiudersi.
Ma perché questo si riveli di piena utilità all’Inghilterra nella guerra contro Napoleone Bonaparte il draghetto deve immediatamente legarsi a un ufficiale, entrando di diritto a far parte dei Corpi Aerei.
Laurence, uomo di mare, soldato d’onore, si trova così a dover abbandonare la carriera che ha scelto da sempre per venir lanciato in una nuova vita: aviatore, certo, ma sopratutto compagno per la vita del curioso e brillante Temeraire, drago di sorprendente intelligenza e curiosità, in cui trovo quello che non si sarebbe mai aspettato: l’amico più fidato e prezioso.
Inizia così un percorso di addestramento che entrambi affrontano per dovere e per affetto, sfatando moltissimi miti e scoprendo che non solo il mondo, ma anche loro stessi sono pieni di sorprese.
La serie di Temeraire ha fatto molto scalpore qualche anno fa: l’idea di integrare le guerre napoleoniche si è rivelata vincente, sostenuto da una buona costruzione dei personaggi e da una ricostruzione dell’Europa del primo Ottocento credibile e dettagliata.
Ma per me è stata in parte una delusione: dopo aver frequentato i draghi di Daniel Abraham, George R.R. Martin, e sopratutto Robin Hobb, Temeraire e compagni squamati mi sono sembrati adolescenziali. Troppo poco alieni, troppo piacioni, troppo cani e troppo poco gatti nelle relazioni con gli umani che li circondano.
Il romanzo rimane una lettura gradevole che fa passare volentieri il tempo, e sebbene Naomi Novik fosse allora all’esordio costruisce la storia con coerenza, ma lo consiglierei sopratutto a chi non ha letto troppo fantasy: una volta abituati a quelli che sono i “veri” draghi è difficile tornare indietro.
Ovviamente, questo è un parere ancora più personale di tutti i pareri personali che profondo di settimana in settimana. 😉